Onorevoli Colleghi! - Sono passati ormai troppi anni da quando diversi esponenti del mondo politico, della magistratura e dell'avvocatura hanno assunto posizione sull'opportunità di adottare o meno provvedimenti di amnistia o di indulto.
      Sono passati, altresì, molti anni senza aver di fatto assunto una decisione esplicita in un senso o nell'altro; tale situazione ha determinato aspettative all'interno del mondo carcerario e più in generale un clima di incertezza fra gli operatori della giustizia che non può che essere dannoso. Da tempo e mai come adesso, quindi, sussistono le condizioni perché possa essere adottato un provvedimento di amnistia e di indulto, finalizzato a garantire il funzionamento della giustizia, liberandolo dall'eccessivo arretrato per procedimenti relativi a reati di non grave allarme sociale che, quasi sempre, prima della sentenza definitiva, finiscono con una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. La giustizia penale italiana versa, infatti, in condizioni critiche e necessita di riforme di notevole rilievo, finalizzate a coniugare maggiore celerità dei tempi processuali e maggiori garanzie per i cittadini; in assenza di un provvedimento di clemenza, tali riforme, a causa dell'elevatissimo numero di procedimenti arretrati, rischierebbe ancora una volta di non produrre gli effetti positivi auspicati. Bisogna essere consapevoli che, se si considerano le centinaia di migliaia di processi già prescritti o per i quali è elevata la probabilità di prescrizione, siamo ormai di fronte al verificarsi costante di un'amnistia di fatto, di cui però beneficiano solo coloro che dispongono di mezzi economici tali da affrontare i costi dei diversi gradi di giudizio.
      Va altresì considerato che, dall'entrata in vigore della Costituzione fino al 1992, vi sono stati trentaquattro provvedimenti di

 

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amnistia e di indulto, mentre negli ultimi quattordici anni non è stato adottato alcun provvedimento di clemenza.
      Ad avviso dei proponenti sussistono le condizioni perché possa essere adottato un provvedimento di amnistia (condizionata) e di indulto (revocabile), soprattutto se finalizzato a garantire il funzionamento della giustizia e ad evitare che falliscano le numerose riforme approvate nella XIII legislatura - giudice unico di primo grado, depenalizzazione dei reati minori, nuovo rito monocratico con rafforzamento dei riti alternativi, modifica all'articolo 111 della Costituzione, incentivi ai magistrati per le sedi disagiate - a causa dell'eccessivo arretrato per procedimenti relativi a reati di non grave allarme sociale.
      La presente proposta di legge prevede che sia concessa amnistia per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, nonché per un limitato numero di articoli del codice penale di non grave allarme sociale, con particolare riferimento ad ogni reato commesso dal minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia: si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato; non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e della recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa; si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale, nonché della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale.
      L'articolo 4 della proposta di legge specifica le esclusioni oggettive dall'amnistia, con particolare riferimento ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, di cui al capo I del titolo II del libro II del codice penale, ai reati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali e ad una serie di reati contro la salute pubblica e l'ambiente. È inoltre prevista la possibilità che l'interessato rinunci all'amnistia.
      Un provvedimento di amnistia non avrebbe effetti positivi rilevanti sulla situazione carceraria qualora non fosse accompagnato da una misura che dispone l'indulto.
      A ciò si provvede mediante l'articolo 6, con il quale è concesso indulto nella misura massima di tre anni, ad eccezione dei reati per associazione di tipo mafioso, strage, sequestro di persona e usura.
      Il termine di efficacia per entrambe le misure di clemenza è stabilito al 31 maggio 2006.
      Tali provvedimenti, e in particolare l'indulto, incidendo sulla popolazione carceraria, avrebbero effetti positivi sugli istituti penitenziari, sia per i detenuti sia per gli operatori, determinando anche un recupero di fondi che potrebbero essere utilizzati per interventi di prevenzione e di miglioramento delle inaccettabili condizioni in cui versano i servizi sociali di supporto, la cui carenza danneggia l'efficacia delle misure alternative alla detenzione.
      Si tratta, dunque, di una proposta di legge volta a prevenire il fenomeno delle prescrizioni e delle scarcerazioni per decorrenza dei termini, senza sacrificare le esigenze di sicurezza della collettività, e per questo se ne auspica un sollecito esame, anche per consentire una seria riflessione sulla situazione delle carceri e dei detenuti italiani.
 

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